giovedì 28 dicembre 2017

Scoperte cinematografiche: il 2017 mi ha portato il grande Kim Ki-Duk

In questo universo cinematografico sempre più spaccato fra cine panettoni, fantascienza spesso becera, commediole all'acqua di rose e dall'altra parte cinema d'autore nudo e crudo, ho avuto la fortuna, anche tramite la lettura del blog del sempre mitico James Ford, di scoprire il regista sud coreano Kim Ki-Duk.

                                 

Mi è bastato il suo "Bad Guy" per invaghirmi delle sue tematiche e del suo stile asciutto e realistico, oltre che delle sue originalissime storie non facili da digerire, ma che lasciano tanti spunti di riflessione e tante emozioni dentro.

"Bad Guy" era incluso in una lista dei cinquanta migliori film asiatici degli ultimi tempi.

                              

Una visione shock, un'illuminazione. Allora mi sono messa a cercare tutte le pellicole di KKD dall'inizio riuscendo a vedere "Crocodile", "The Birdcage Inn", "Real Fiction", "Indirizzo sconosciuto", "Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera", "La samaritana", "Ferro 3", "Soffio", "Arirang" e "Pietà".


                                              


                                 


                                   

Per ciascuno sudore freddo, emozione, tremore, suspence, mentre il mio innamoramento era sempre più forte. Non vedo l'ora di guardarmi "Moebius", che come in una favola avevo già adocchiato e mi ero procurata già qualche mese fa senza sapere che fosse anche lui di KKD.

In quasi tutte le storie di Kim ci sono conflitti o situazioni masochiste, è presente un personaggio che deve/vuole espiare una colpa o riscattarsi, ma anche uno che non parla mai (come anche in "Dolls" di Kitano) comunicando solo con gli occhi e la mimica; a volte le due figure coincidono. In "Ferro 3", Leone d'Argento a Venezia, i due protagonisti pronunciano complessivamente due frasi - scandite solo da lei peraltro.
Anche in "Bad Guy" il personaggio principale è un taciturno con una cicatrice sulla gola, ma verso la fine si scopre che potrebbe parlare seppure con voce deformata, quasi comica, cosa che non ha incidenza nella sostanza della storia per quel che ci ho capito.
Conflitti e masochismo si rispecchiano anche nella violenza come lotta per la sopravvivenza e nel modo di trattare il sesso, inquadrato spesso in prostituzione imposta o spontanea e in stupri minimalisti, appena drammatici e anche vagamente grotteschi (in "Crocodile", mentre il protagonista abusa della donna, il bambino lo morde in una natica), come atipici sono i corteggiamenti (l'apprendista asceta che ne fa di ogni per palpeggiare la ragazza in "Primavera, estate..."). C'è anche spazio per l'amore, malato e controverso come in "Crocodile", "Indirizzo sconosciuto", "Soffio", o romantico come in "Ferro 3", vera e propria apoteosi per me del romanticismo puro senza sdolcinatezze, retorica e forzature come non ho memoria di aver mai visto in altro lungometraggio.

Kim Ki-Duk è un regista molto prolifico, con una storia personale ricca di episodi che lo hanno arricchito di sentimenti e sensazioni defluite appunto nella sua opera: dal 1996 ha girato quasi un film all'anno che scriveva, montava e produceva per ricominciare, a ruota, fino ad alcuni accadimenti del 2008 che lo hanno fatto interrompere. Nel 2011 è uscito "Arirang", docufilm autobiografico in cui Kim ha spiegato la sua opera e la sua crisi per riprendere subito a lavorare più o meno come prima anzi meglio, più forte e rassicurato, girando in pochi mesi "Amen" che ahimè mi manca e l'incredibile "Pietà", Leone d'oro a Venezia, una vera bomba dove gli appassionati come me di questo grande autore si ritrovano in successione, dosati con maestria, senza forzature e con un incastro perfetto, tanti degli ingredienti dei film precedenti; non una scena di troppo o una battuta inutile, più un finale col botto da far accapponare la pelle e il cuore. Roba che anche i fan di Tarantino, inclusa me, difficilmente avranno provato altrettanto appena alzatisi dalla poltrona del cinema dopo aver visto "The hateful Eights".

Menomale che c'è il cinema a farmi conoscere buoni film e a volte buone persone anche solo sul web, perché dal vivo è uno sfracello :D

mercoledì 27 dicembre 2017

Per Natale ci mancava l'ennesimo "pacco" femminile

Ok, neanche io sono un angelo. Certe cose non mi piacciono, non mi parlo con alcuni ex amici, non mangio pizza e pasta a cena, non sopporto la volgarità e i cine panettoni. Però sono molto disponibile, corretta e non cerco niente da nessuno, cose che invece ho riscontrato varie volte in diverse conoscenti di passaggio e, l'altra sera, ne La Fulva. E mi sono caduti i cojones.

Ebbene sì, ho ricevuto numerosi pacchi e delusioni ben più da donne, per lo più single, che da uomini! Tutte che non sapendo cosa vogliono non ne vogliono sapere di stare a casa un sabato su mille e che smaniano per vestirsi, truccarsi, uscire, aggregarsi, divertirsi, "fare le pazze" ma sempre e solo alle loro condizioni e per come gira l'umore.

La Fulva, amante del rock, proveniente da una grande città, è l'ultimo acquisto del gruppetto tutto in rosa di due mie amiche storiche che sono tornate single dopo anni di relazione. Morale della favola, escono in 4 o 5 e a volte 6, tutti gli weekend. Apericene, piccoli karaoke, locali. In attesa del mio trasferimento, con Davide lontano, questo autunno mi sono aggregata a loro un sabato si e uno no, visto che c'erano appunto queste mie due amiche.

La sera del 25 c'era una cover band che mi interessava e che da tempo avevo detto che sarei andata a vedere, a quel punto anche con il mio fidanzato, che è in ferie. L'antivigilia di Natale mi arriva una chiamata della Fulva, che si era fatta dare il mio numero: vuole organizzare per quella sera, io confermo che ci saremo.
Il 25 prima di pranzo arriva un messaggio della Fulva: due ragazze non verranno, una è in forse, ma lei andrà lo stesso anche perchè abita vicino al locale - i suoi bimbi sono col padre.

Qualche ora dopo, scambio di messaggi:
Fulva: Venerdì 29 che si fa? :D Cena da me e cover band X? (Con icona del manifesto)
Vanessa: Wow!!
Fulva: Come mi gasa!!!!
Vanessa: Niente male!! Vediamo dove ci porta l'ultimo dell'anno (sottintendendo che se vado qualche giorno fuori città col fidanzato non potrò esserci, ognuna ha la sua vita)
Fulva: Mi porta a casa coi bambini ahahaha
Vanessa: Ahahah
Fulva: Dai intanto la butto lì con una secchiata di entusiasmo, ci aggiorniamo <3<3<3
Vanessa: Oki cara!! Per me futuro è la mezz'ora successiva a quella che sto vivendo, porta pazienza quindi <3
Fulva: ahahaha, bacino

All'ora di cena scrivo alla Fulva - che a quell'ora aveva ipotizzato di acquistare le prevendite per la serata:
Vanessa: Bella, hai preso i biglietti? Noi stasera ci siamo!!! (Ma era risaputo)
Fulva: Resto a casa.... Come si va in 3? Se hai voglia si esce sabato - icona bacino

Non le ho risposto, l'ho bloccata su cellulare e, tanto per evitare imbarazzi, anche su Facebook, così se vuole organizzare qualcosa lo dovrà fare al netto della mia adesione. Non capisco la difficoltà nel dire prima che in tre (ovvero coppia + single) lei non sarebbe venuta e comunque che paura aveva, che ci limonassimo tutta la serata? Mica abbiamo 18 anni! E il tanto decantato entusiasmo dove è finito? È stato messo in ghiaccio per il weekend, cioé per quando le torna comodo?
Quella sera mi sono fatta mettere in lista e mi sono vista la "mia" cover band, la Fulva invece ha perso un "numero" femminile per le gruppate - tutto sommato cosa altro cercava se non questo quando due giorni prima si era fatta dare il mio recapito?

mercoledì 20 dicembre 2017

Per Natale ci mancava l'influenza!

Avviso: post schifoso!

Ebbene si, i terribili virus gastro intestinali che stanno mettendo a letto un sacco di gente hanno colpito pure me e, per la prima volta almeno da dopo la mia adolescenza, sotto le festività natalizie! Probabilmente mi sono presa sto fardello da mio nipote, un tortellino di neanche tre anni, che mi ha causato un dopocena da film dell'orrore, seguita a ruota da mia madre. 

                                                                    

Praticamente ad un certo punto ci davamo il cambio al bagno, neanche ci fossimo messe d'accordo! Ognuna però aveva la sua borsa dell'acqua calda personale :D

                                     

                                    

La cosa più terribile è stato dare di stomaco: due episodi dolorosi e faticosi, orribili, in cui ho visto a ritroso quanto mangiato in un giorno che sembrava normale e per niente peggiore di altri. Il buffo è che durante queste tre ore infernali mi sono scritta al cellulare con mia cugina, sola in casa col marito ad una cena di lavoro e col piccolo che ha avuto bisogno di un paio di sedute al bagno: diciamo che ci facevamo coraggio e davamo consigli, cercando anche di sdrammatizzare. A mezzanotte sono crollata a letto esausta e dolorante, per prendere sonno dopo le quattro e mezza, a tenere a bada la sete terribile bevendo a sorsi degni di un canarino, col cestino a portata di mano che non si sa mai. Che sollievo prendere finalmente sonno, sprofondare e non sentire più niente, neanche i blandi mugolii di mia mami, che finalmente aveva trovato pace.

                                     

Menomale che col lavoro sono a posto, ma peccato che stasera dovrò saltare una cena con amiche che fra l'altro non vedo da settembre. Fitness poi neanche a pensarci! Ieri pomeriggio fra l'altro avevo fatto un visita ad una delle mie due zie settantenni con tanto di scambio di regali: speriamo di non averla contagiata!!! Per l'altra parente, spero di rimettermi in sesto prima possibile.

sabato 9 dicembre 2017

E basta parlare di abbuffate per Natale!

Basta col luogo comune dell'abbuffata natalizia! Ma che siamo, bestie furiose??! Come se non bastassero le capatine al ristorante esotico, i sabati sera al ristorante e gli apericena a getto continuo!!!
Passi che il 25 dicembre di anno in anno stia perdendo il suo spirito originario, anche perché il tempo passa e le mode cambiano, ma perché associarlo automaticamente alla quantità mangereccia, alle grandi scorpacciate e soprattutto alle abbuffate???

Rispolverando l'aura diet degli albori di questo blog, ritengo quest'ultimo termine l'incriminato numero uno, da scancellare dai post di Natale di siti e social network, talk show e riviste e vietare da codice deontologico anche ai giornalisti: abbuffarsi è un'azione da malati di disturbi del comportamento alimentare secondo il quale ci si riempie lo stomaco fino a scoppiare con quantità industriali di cibo non necessariamente buono, sfizioso e ben cucinato come invece sono solitamente le portate delle tavole natalizie! Chi soffre di questo terribile dca è capace di ingurgitare junk food ma anche scatole intere di fette biscottate o crackers integrali, per un innaturale e insano bisogno di sfogarsi/ punirsi/ farsi male, il tutto in solitudine, magari solo/a a casa, senza gustare niente, senza godersi niente. In una combo da horror, alcuni di coloro che si abbuffano chiudono il cerchio nefasto rimettendo volontariamente, sempre senza nessuno vicino per vergogna ma anche per timore di essere smascherati e quindi fermati. Probabilmente assaporano appena ciò che masticano solo coloro che in precedenza si erano dati a lunghi digiuni - gli anoressici insomma - per poi passare, stravolti dalla fame e dalla fatica, appunto al binomio riempimento + svuotamento, non meno folle e doloroso... forse di più.

E tutto questo non ci incastra niente con l'attesa del pranzo di Natale, dove antipasti, primi, secondi, contorni e dolci vengono preparati con amore, attenzione e scrupolosità in un rituale che coinvolge anche la casa e le persone, che si fanno tutte più belle e ben vestite - le donne anche con un bel manicure a prova di faccende domestiche -, dove si sta a tavola più del solito, alcuni anche fino alle cinque del pomeriggio, dove passa anche un quarto d'ora fra una portata e l'altra. E se il commestibile è buono, si parlerà di scorpacciata, di super mangiata, di maxi portate, di super pranzo come di cenone: tutti termini sempre iperbolici (e tutta questa fissazione gastronomica secondo me può macchiare il proprio rapporto col cibo) ma in un'ottica positiva, distensiva, relativamente sana, dove si mangiano pezzi di tradizione, di passato, di storia familiare oltre che di goduria palatale.

Se proprio non ci si può astenere da certi luoghi comuni sul Natale, vorrei almeno un ridimensionamento del modo di parlare dei pasti ad esso collegati ed evitato appunto questo strafalcione lessicale che come detto riecheggia un disturbo terribile e doloroso.

Parentesi personale: fino ai miei 15 anni abbiamo festeggiato il Natale e le festività con pochi parenti, al massimo eravamo una dozzina. C'era anche la signora V., madre di uno zio acquisito, che nonostante l'età e gli acciacchi ogni anno preparava dei crostini di fegatini, di quelli scuri e un po' acri, che portava in un vassoio coperti da un canovaccio coi bordi ricamati; erano davvero deliziosi e forse solo un paio di ristoranti della zona li facevano così buoni. Era l'unica cosa un po' più tradizionale dei nostri pranzi mai troppo lunghi né eccessivamente succulenti, e che mi è sempre sembrata unica, buona e preziosa. Passate a miglior vita sia mia nonna che la signora V., ogni nucleo familiare ha festeggiato la natività per conto proprio, noi cucinando un primo e due secondi, i miei zii rifornendosi in rosticceria. 

martedì 28 novembre 2017

Realtà normale batte Pro Ana 1-0

Mi accontento di una vittoria di misura, ma di questi tempi non è male. Il riferimento è alla notizia shock (fonte Corsera) di due giorni fa: una blogger diciannovenne delle Marche è stata denunciata dalla polizia di Ivrea, sui iniziativa della madre di una ragazzina minorenne, per i terribili consigli alimentari proposti istiganti all'anoressia e alla bulimia. Ergo, la blogger che si è beccata la denuncia è una delle cosiddette pro ana, le sirene del Web che da dieci anni e forse più infestano la blogosfera e che la chiusura di Splinder ha appena ridotto di numero e virulenza.
Ma come ho letto, sento dire su Youtube e comunque anche io penso fortemente, basta un esempio cattivo che danneggia una sola persona e già si può piangerne e gridare alla sconfitta, al guaio, al danno.

Dolenti le parole della madre della minorenne, che ricostruisce la vicenda accennando a continui messaggi che la figlia riceveva e che consistevano in istruzioni da seguire per dimagrire in maniera insana e innaturale. Una specie di personal ana coach insomma. Terrificante.

La nota positiva, oltre al fatto che una colpevole è stata smascherata e denunciata e il suo mondezzaio virtuale oscurato, è stato il ritorno di normalità dopo l'assurdo. Una madre preoccupata che prende il toro per le corna e smuove mari e monti per aiutare la figlia, senza paura di andare fino in fondo*. E così ottiene due cose: la salute di sua figlia, o almeno la via verso la guarigione, e sua figlia stessa. Perché nelle famiglie sembra che si parli di tutto tranne che dei veri problemi, dei disagi, delle solitudini. Poco tempo, poca testa, troppa tecnologia: anche i tempi "modernissimi" non aiutano. Da minorenni poi si è un po' strane, ribelli, introverse e chiuse, ma ogni tanto bisogna fare un passo indietro e intuire che forse è meglio seguire i consigli dei genitori, anche se imperfetti, piuttosto che di estranei. Se poi non ci si riesce, è davvero una fortuna, come ha detto la signora in questione, che intervengano i familiari prima che sia troppo tardi. 

*Non è una banalità, leggetevi "Noi ragazzi dello Zoo di Berlino" specie quando la protagonista Christiane lamenta che sua madre non si era mai accorta di niente mentre invece quella della sua amica una sera venne tutta infuriata alla fermata della metro a riportare la figlia a casa.

venerdì 17 novembre 2017

Ancora guai per Kevin Spacey + il finale de "I soliti sospetti" come "Pomodori verdi fritti"

Ancora guai per Kevin Spacey. L'attore statunitense con cittadinanza britannica che a ottobre era stato accusato di molestie, stupri, condotta immorale o disdicevole, adesso viene anche tacciato di comportamenti inappropriati.
L'ultima beffa insomma per un grande talento della settima arte, che si è ritrovato coinvolto nel turbine del vaso di Pandora scatenato dalle denunce di molestie e ricatti subiti da numerose attrici da parte del produttore Harvey Weinstein. E l'America, si sa, su due cose non scherza: sul fisco e sulle molestie sessuali. Come tanti prima di lui, da Michael Douglas a Tiger Wood, secondo Wikipedia adesso Spacey "si sta facendo curare", cosa che per noi europei forse sembrerà una mezza presa per i fondelli ma che per gli statunitensi è la soluzione oltre che buon metodo per mettere tutti a tacere.

In questi giorni, se da una parte non potevo che condannare il comportamento di KS - certo è terribile pensare che per un decennio abbia molestato giovani artisti, mettendosi alla stregua di alcuni preti - dall'altro non ho rinnegato un millimetro di ammirazione che avevo provato per lui nei pochissimi film in cui l'avevo visto recitare, ovvero "Seven" e "American Beauty", togliendo "Una donna in carriera" e avendo rimosso quasi completamente "L'uomo che fissa le capre". Per i blogger cinefili che ogni tanto capitano qui, giuro che sono anni che cerco "Americani", di cui ho visto solo la sfuriata iniziale, e non devo farmelo mancare assolutamente.

Qualche giorno fa ho riascoltato la canzone di Caparezza intitolata proprio "Kevin Spacey", in cui sono contenuti numerosi spoiler soprattutto di sue pellicole, incluso "I soliti sospetti"; ho anche letto i commenti in fondo al video; poi ho trovato su Facebook un post che parlava delle 50 migliori battute conclusive di film e nei commenti anche qui molti utenti citavano "I soliti sospetti". Ogni cosa me lo rammentava, mi ci rimandava e la mia curiosità cresceva... Quindi ho cercato su youtube....e grazie ad una botta di fortuna l'ho trovato in italiano, versione integrale! Non ci ho pensato due volte e me lo sono guardato!

Bello, bello, bello! Ignorandone il finale poiché non l'avevo sentito bene dalla canzone di Caparezza, mi sono goduta una pellicola con ottimi attori, spunto interessante, trama un po' a incastro, dialoghi taglienti. Finale col botto ma secondo me, che l'ho visto appunto 22 anni dopo la sua uscita nelle sale e quindi ero seduta sulle spalle dei giganti, meno imprevedibile di quanto mi aspettassi, se non altro perché 1) persone come Verbal sembrano ma non sono affatto stupide o svampite, perlomeno dal film ho avuto subito questa impressione, 2) se è Verbal a raccontare tutta la faccenda (ma la dirà la verità?), oltre che essere sopravvissuto al colpo, un motivo ci sarà, 3) di film in film si sono rivisti personaggi con finte menomazioni, 4) lo stesso finale di "Saw", ma perché no anche di "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno", può essere illuminante.
Gli unici difetti di questo film mi sono sembrati i capelli di Stephen Baldwin e quelli di Gabriel Byrne, troppo ben colorati - e ridicoli - da sembrare parrucche ma anche certe inquadrature leggermente patinate: e che cavoli, io voglio rughe, capelli bianchi, polvere!

martedì 14 novembre 2017

L'importanza dell'esattezza di un nome - dialoghi grotteschi in famiglia

Mi chiedo spesso se i teatrini che accadono in casa mia si ripetono - con le opportune personalizzazioni - anche in altre famiglie: mi farebbe sentire meno sola :D
Iersera uno dei classici dialoghi semiseri fra me e mia mami, stavolta non sull'aspetto fisico. Premessa: la mia genitrice si addormenta quasi ogni sera ascoltando in cuffia Radio Radicale. 

Atto unico, la cucina poco prima dei preparativi della cena

M: "Vaneeee, dopo mi cerchi su internet il litigio fra In...Ins... Insinno e Grasso?"
V: "Volevi dire Flavio Insinna, il comico, quello dei pacchi?"
M: " No, no, Ins...Insinno..."
V: "Ma... volevi dire Insigne, il giocatore del Napoli, quello che pesa più di Davide?"
M: "Nooo, nooo! In... Ins... Uff... Il doppiatore!"
V: "Aaaaaahhhhhh! Insegno! Volevi dire Pino Insegno!"
M: "Eh si, In... Ins... Insegno! Che litigata che ha fatto con Grassooo!"
V (digitando): "Comunque no mamma, non c'è niente su internet".

lunedì 13 novembre 2017

Lezioni di calcio alla svedese?

Chissà se gli amici cinefili hanno intuito la citazione cinematografica che ho voluto storpiare....

Ancora un po' di attesa e finalmente vedremo se gli spilungoni biondi di Svezia elimineranno dal prossimo campionato mondiale di calcio la Nazionale italiana di calcio.

Dopo venerdì sera c'è stato un countdown quasi collettivo di una certa tensione, con diversi miei conoscenti nella vita reale e sui social molto preoccupati e scaramantici a tal punto da annunciare la visione della partita Italia-Svezia in casa propria e da soli, senza amici, a telefoni rigorosamente spenti! Uno addirittura, cosa che fa spesso anche con la sua squadra del cuore, farà uscire per tempo moglie e prole mandandoli a cena dai nonni!

Ammetto che soltanto una strana malinconia tipica dell'undicesimo mese mi ha fino ad adesso intorpidita e distratta da qualsiasi forma di brivido sportivo, ma so già che - ben diversamente dall'andata - al fischio d'inizio avrò accantonato pc e mini ipad per vedere da capo a fine cosa faranno i nostri! Mia cugina ha addirittura organizzato una cenetta ad hoc per la sua famigliola: pizza fatta in casa, tortino salato piselli-prosciutto cotto-formaggio, avanzo di melanzane alla parmigiana, birra e crostata!

E dunque, la nazionale del paese delle "tre corone" saprà darci un'altra lezioncella di calcio dopo quella inflittaci in casa loro? Ovvero fisicità, faccia tosta e falli ad hoc a sopperire un bagaglio tecnico non entusiasmante? Questo, ovvio, al netto delle nostre colpe, alias delle mosse suicide del tecnico Ventura, che ha messo in campo giocatori non al meglio della condizione e male assortiti.

Mi sta salendo un po' di tensione, forse comincio a visualizzare l'eventualità che la nostra nazionale potrebbe non figurare in Russia, come non accadeva da quasi sessant'anni. Cosa che si traduce senza dubbio in una bella umiliazione, ma anche un imbarazzo di fronte alla domanda su chi riversare allora il proprio supporto. Di certo non sarà l'occasione buona per fare marcia indietro su tante brutte abitudini che ha preso il mondo legato al gioco del pallone nel nostro bel paese.

Mah, bah, sarà.... la cena a base di minestrone, insalata e pesce mi chiama. E chissà che alla fine non ci avrà visto giusto un certo mio collega anziano, un po' sornione ma acuto, che ha pronosticato che passeremo il turno, si, certo, tranquilli!... ma grazie alla "mafietta"!

venerdì 10 novembre 2017

Care ragazze, scalate la marcia o ne prenderete due volte

Mi spiace dover scrivere certe cose perché appartengono ad un mondo lontano da me, che ho tranquillamente passato i 30 anni ma soprattutto i 20 e la voglia di uscire ogni volta che posso, conoscere gente, divertirmi... e tanto meno civettare, sedurre ed essere corteggiata.

Ormai abbondano a cadenza quasi giornaliera le notizie di cronaca nera su stupri e violenze su giovani donne e soprattutto su ragazzine minorenni. Ed è una cosa che trovo devastante, terribile, quasi il livello zero dell'applicazione della prima legge della natura: il più forte prevale sul più debole. Non c'è rispetto della morale, della persona, dell'oggettiva debolezza fisica, no.

A sentire i telegiornali i tipi di carnefici sono aumentati: non aggredisce solo il tipo borderline ma anche quello rispettabile e insospettabile, il parente, il professore, l'ex fidanzato, lo straniero, il criminale, il rappresentante delle forze dell'ordine.
Parallelamente sono aumentate le vittime, specie quelle giovanissime, vuoi perché nelle famiglie sia le madri che i padri devono lavorare e stare tante ore fuori casa, vuoi perché non ci sono quasi mai fratelli o sorelle maggiori ad aiutare e vigilare, vuoi perché la società è mutata alla velocità della luce fra nuovi modelli/ usi/ costumi di indipendenza e precocità sessuale, complice il villaggio globale dei social network che fa si che quasi tutti diventino amici di quasi tutti.
Le uniche cose ad essere diminuite - e qui farò davvero la figura della "nonna" tardona, buonista, benpensante ma è un rischio di cui mi assumo le conseguenze - sono l'educazione, la misura e soprattutto il buonsenso.

Non voglio certo unirmi al tono di don Guidotti però nella sua ramanzina un fondo di verità c'è e onestamente l'ho sempre pensato: se si evitano luoghi e situazioni "a rischio", se ne scongiurano le conseguenze peggiori. Lo raccomandano anche i maestri di autodifesa: quando si può, è sempre meglio evitare a piè pari un pericolo piuttosto che finirci contro. Quando ero piccola mi ripetevano come un mantra che prevenire è meglio che curare, ma anche una rinuncia ogni tanto non fa certo male!
In soldoni ragazze, a voi dico di scalare la marcia, di darvi un freno, di farne poche ma buone! Meno quantità e più qualità in tutto, dalla movida all'alcol, dalle uscite alle conoscenze! Non abbiate fretta, non sprecherete il fiore dei vostri anni se ogni tanto rimarrete a casa o declinerete un appuntamento: la vita è lunga e piena di sorprese!
Al di là della grottescheria di avere tremila amici su Facebook di cui forse un centinaio conosciuti dal vivo, come potete fidarvi di un nome e quattro frasi dietro ad una chat fino ad accettarne gli appuntamenti? Perché ancora minorenni fare tardi come il buttafuori della discoteca? Perché bere come spugne se non reggete niente e magari siete sole in un posto che non conoscete, lontano da casa? Perché entrare in macchina di ragazzi conosciuti da poco solo perché hanno due soldi in tasca?

Fra l'altro, non so se avete sentito quelle interviste all'amico degli stupratori di Ravenna (già rilasciati fra l'altro) o il commento, pieno di beep di censura, della madre di uno dei due rom stupratori di Roma, di cui non trovo materiale sul web: per entrambe le dichiarazioni il succo è che i giovani incriminati non avrebbero violentato perché possono tirare fuori soldi e pagarsi una o più prostitute. Nel filmato del link la diciottenne viene addirittura chiamata "stronza ubriacona" e pure la sua famiglia non viene risparmiata da ignominie. Ma vi rendete conto? Ma ci rendiamo conto?
Nello strascico della bufera Weinstein, che ha fatto luce sulla generale inferiorità economica della donna rispetto all'uomo, ecco altre terribili vicende che ne rammentano anche la minore capacità di autodifesa fisica ma anche la maggiore vulnerabilità a livello morale: alla fine le vittime vengono persino insultate, vituperate, sminuite.

Pensate anche a questo, care adolescenti alla scoperta di questo pazzo mondo, quando state per chattare con sconosciuti all'apparenza gentili o fighi o quando chiedete un cocktail super alcolico in discoteca. I principi azzurri esistono, per carità, ma passano poche volte nella vita e quindi perché esporsi alle incognite ogni weekend a cercarne uno fra centinaia di rospi? E basta agire perché così fanno anche le amiche o perché ci si annoia: sono tante le cose belle e buone rapportate alla propria età con cui impiegare il proprio tempo, senza bisogno di illudersi con altre sbagliate, inadatte e persino, purtroppo, anche molto pericolose.

domenica 5 novembre 2017

Jason secondo Vanessa - come mi stufai di tacchi e gonne e mi diedi a ben altro

Post frivolo, come non potrebbe non essere quando parlo di Halloween e dei travestimenti.
Dopo anni e anni di "già dato", avevo voglia di cambiare rotta e genere di maschera: come detto niente streghetta, niente Lady Gaga horror, niente sposa nera fra gonne, vestiti, tacchi più o meno scomodi, parrucche, trucco anche (soprattutto?) su collo e braccia, roba che più di una volta mi sono dovuta struccare direttamente sotto la doccia, in piena notte.
Ero pure col fidanzato lontano: chi me lo fa fare di acchittarmi e farmi carina se poi devo mangiarmi i gomiti infastidita 1) perché il mio fidanzato è lontano, 2) ogni volta che vedo una coppia, specie se mascherata, 3) c'è sempre il simpaticone che non capisce l'antifona e rompe le balle, pur non avendo davanti Eva Henger né Belen - ma neanche le loro brutte copie!
E quindi, vai col vecchio desiderio mai soddisfatto prima di assumere le sembianze di Jason Voorhees, l'assassino mascherato di "Venerdì 13" che fa frotte di vittime, sia nel film che nel videogioco!

Un po' di stucco, carta e colla per ricoprire una maschera anonima comprata in un supermarket cinese che ho completato con buchi disegnati a pennarello, inserti rossi aggiunti successivamente e infine l'"invecchiatura" con varie terre dalle mie trousse; in più una camicia militare, un jeans vecchio modello, anfibi, un machete fabbricato con un po' di fantasia e una cuffietta ricavata da un collant color carne per nascondere i capelli. Somiglianza non eccelsa ma accettabile!


 E' stato divertente stupire me stessa e il mio gruppetto di amici, ma anche spaventare blandamente un paio di sconosciuti incrociati svoltando un angolo :D ah, fossi stata solo un po' più alta!

martedì 31 ottobre 2017

Halloween contro tendenza - questa sera sarò Jason Voorhees di Venerdì 13

Questo Halloween finalmente mi levo una voglia che avevo da anni. Basta con la streghetta zombie, con Lady Gaga horror, con la sposa nera.. basta maschere femminili blandamente seccsi. Basta. 
Questa volta mi travestirò da lui, il mitico, il solo, l'unico, l'inimitabile Jason di "Venerdì 13"!!! 


                   


....anche se non ho mai visto un suo film!

PS: ...senza dimenticare l'anniversario delle morti di Federico Fellini e di River Phoenix...





venerdì 27 ottobre 2017

Top Ten dei film che mi fanno/ hanno fatto paura

Mancano pochi giorni ad Halloween, nelle sale italiane impazza "It" tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King... come non potevo scrivere ora questa classifica?
Onde per cui, ecco qua la Top Ten dei film che mi fanno/hanno fatto paura, alcuni già visti con grande fatica, altri non ancora visionati e che temo rimarranno tali, salvo improvvise prese di coraggio!

-------------------- ATTENZIONE, SPOILER!!! ---------------------

Anche qui, in alcuni casi accennerò ai finali ma, non potendo separarli dal commento ai film, arrangiatevi, fate vobis! Al più, leggete solo i titoli!


10) "La congiura degli innocenti", 1955, di Alfred Hitchcock. Questa curiosa storia del Sir del cinema mi ha spaventato per buona parte della mia infanzia e adolescenza con il cadavere di Harry (cui è dedicato il titolo originale), le persone strambe che non lo vedono pur passandovi sopra o inciampandoci, le sepolture e le riesumazioni, il bambino che giocava con la lepre morta e confondeva "ieri" e "domani". Rivisto qualche mese fa a casa dei suoceri, forse un po' distrattamente: l'unico caso in cui la seconda visione è stata meglio della prima!

9) "Cannibal Holocaust", 1980, di Ruggero Deodato. Il film più censurato della storia del cinema nonostante la produzione non tutta italiana, nato con un preambolo che ha anticipato di vent'anni "The Blair Witch project" (presunta pellicola ritrovata da una casa di produzione e quindi distribuita). Violenza dell'uomo in tante forme, analizzata, sviscerata e smascherata nelle sue contraddizioni e ipocrisie. Non visto; ho preso informazioni, ne ho parlato con un mio amico cinefilo ma ancora non riesco a fare il grande passo!


8) "Amabili resti", 2009, di Peter Jackson. Direi ottimo il montaggio di Jabez Olssen, perché la scena della cattura della protagonista e vittima, che è anche voce narrante (stessa cornice narrativa di "American beauty"), mi ha letteralmente mozzato il fiato da procurarmi fastidio alla gola. E più avanti c'è un'altra scena che non è da meno, talmente paurosa e piena di suspence da avermi fatto stoppare la visione in streaming. Un plauso alla sensibilità e alla versatilità di Jackson, noto per tutt'altro genere. Dubito che lo rivedrei, specie da sola.

7) "The Blair Witch project", 1999, regia, soggetto, sceneggiatura e montaggio di Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez. E' stato un vero e proprio caso cinematografico questa storia narrata attraverso il supposto ritrovamento di due docu-filmati (ma montati da chi? :p) raccolti da tre ragazzi che decidono di indagare su una presunta strega per scoprire sempre più indizi raccapriccianti. Visto inizialmente con tranquillità e via via con sempre maggiore inquietudine fino alla scena finale, agghiacciante, digerita con gran fatica, con Mike nell'angolo e Heather urlante e subito dopo colpita mortalmente. Visto una volta, forse potrei bissare.

6) "Furore", 1940, di John Ford. Avendo parlato del libro pochi post fa, non si fa fatica a comprendere perché pur avendo questo film da oltre un anno non mi sia ancora decisa a guardarlo. Fa tanta paura vedere i timori, le incertezze, i problemi, le angosce, le delusioni e il dolore altrui specie quando ricordano, anche in minima parte, i propri.... e dubito che Ford sia stato meno bravo con la pellicola di quanto lo è stato Steinbeck con le parole. Prometto che lo guarderò, anche solo per onorare il regista e gli attori.

5) "Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci, anno 1972. Ai tempi condannato al rogo dalla giustizia italiana: se ne lasciarono solo poche copie e per un lustro al regista e ai produttori vennero negati i diritti civili. Mi intimorisce e suscita senso di soffocamento questa storia di passione destinata a finire fra due sconosciuti, lui per me insopportabilmente vecchio, lei non molto più simpatica giovane futura sposina, amanti trasgressivi senza nome in un appartamento senza mobili. Ma anche aver saputo qualche retroscena del set non mi ha rallegrato: regista e primo attore complici nella scena incriminata e la Schneider, a soli vent'anni, offesa, tormentata e poi condannata a critiche, stress e incubi tanto da diventare tossicodipendente - qualche mea culpa per lei solo da morta. Sarò debole, forse bigotta e post femminista, chissà, ma non ci perdo due ore del mio tempo e della mia tranquillità.

4) "Salò o le 120 giornate di Sodoma" di Pierpaolo Pasolini, 1975. Definito uno dei film più sconvolgenti, violenti, osceni, brutali e malvagi di tutti i tempi - qualcuno ha detto che fa sparire "Cannibal Holocaust"! Opera ultima e prima ipotetica di una trilogia della morte del grande scrittore/ regista /sceneggiatore italiano, che si dice sia morto per mano della malavita che aveva trafugato e chiesto un riscatto per una parte della pellicola. Una sfida alla censura a pochi anni dallo scioccante "Ultimo tango a Parigi". Realista su base allegorica con schema dantesco e respiro desadiano con messaggio politico incluso, iniziatore del filone nazierotico. Quale cinefilo non sa almeno queste cose di questo che da molti è ritenuto un capolavoro, una pietra miliare della settima arte? Eppure no, non l'ho visto e non ne ho il coraggio!

3) "Quando soffia il vento", lungometraggio di animazione "a tecnica mista" di un certo Jimmy Murakami, del 1986. Una coppia di anziani si prepara a modo suo, con ingenuo ottimistico candore, all'attacco nucleare annunciato dalla televisione, ma non riesce a scappare alle successive radiazioni e perisce fra piaghe e abulia nell'inverno nucleare. Visto a sprazzi, con salivazione azzerata e pelle accapponata, mandandolo avanti su Youtube. Non credo che lo guarderò mai per bene da cima a fondo.

2) "Letters from a dead man", 1986, diretto e scritto da Konstantin Lopushansky, produzione russa. Scoppiata la guerra nucleare, un anziano scienziato scrive al figlio da dentro un museo di storia di una città sovietica, dove vive accampato assieme ad altre persone, mentre all'esterno dilagano panico, sopraffazione, isteria e morte. Non visto, non ce la faccio. Mi fa paura la locandina su Wikipedia, mi fanno tremare anche le anteprime dei rari frammenti che ci sono su Youtube!

1) "The day after - il giorno dopo". Classe 1984, di Nicholas Meyer, uno dei film, per la televisione fra l'altro, a minor costo più famosi e trasmessi, si dice "girato apposta" per sbollire gli animi della Guerra Fredda. "Il film che ha fermato il nucleare", "Il film che ci ha insegnato ad avere paura", "La fine della normalità, l'inizio della fine" è quanto c'era scritto nelle locandine e nelle custodie della versione VHS. Cosa mi fa paura? Tutto, tutto, tutto: la tensione della popolazione prima della guerra, i dialoghi, il lancio delle bombe, la scena della camera da letto, il fungo atomico, le morti istantanee, il blocco delle automobili per lo sbalzo elettromagnetico, le famiglie divise devastate sbriciolate, gli animali morti, l'ospedale pieno di disperati, la pazzia della ragazza che doveva sposarsi, i segni delle radiazioni, il terreno incoltivabile, il freddo... Definito molto meno realistico e "troppo filoamericano" rispetto all'epigono russo qui sopra ma per me quella indimenticabile frase dell'uomo anziano che rassicura la moglie, "La gente è pazza ma mica fino a questo punto", scolpita per sempre nella mia testa, gli vale il gradino più alto del podio. 

giovedì 19 ottobre 2017

Dieci cose che mi fanno molta più paura di "It" - post ispirato da Cannibal Kid

Oggi è uscito nei grandi schermi italiani "It", riadattamento cinematografico o quel che è :D dell'omonimo romanzo di Stephen King.

Ho letto nel post a riguardo del blogger cinefilo Cannibal Kid che il Belpaese è uno degli ultimi ad aver diffuso la suddetta pellicola che invece in madrepatria, gli Stati Uniti, ha già battuto ogni record di incasso del genere, soppiantando il primato de "L'esorcista"; fra i commenti che seguono, quasi tutti si dicono intimiditi se non impauriti dal personaggio di Pennywise; la mia amica del Monferrato ha addirittura la fobia dei pagliacci, tale coulrofobia! Ma non ricordo se è collegata all'opera di King o all'omonima miniserie tv del 1990 - mentre invece diverse persone hanno dichiarato palesemente che sono state queste a far venire loro paura e panico quando nella vita reale si erano poi trovate di fronte ad un clown. Tutto questo mi lascia piuttosto basita, evidentemente ho un altro concetto dell'orrore e della paura.

A quindici anni, come premio estivo per essere passata in prima liceo, presi in prestito in biblioteca il libro "It" leggendomelo in undici giorni ma visualizzando la storia, i personaggi, la moltitudine di sentimenti che gravavano sulla storia. Ancora mi ricordo cosa era scritto dietro al volume della Sperling&Kupfer: "Un viaggio allucinante lungo l'oscuro corridoio che conduce dagli sconcertanti misteri dell'infanzia a quelli della maturità" - correggetemi se sbaglio.
Con meno precisione ricordo di aver visto almeno la prima parte dell'adattamento per il piccolo schermo: anche col senno di ora non posso quindi dire se fosse brutto, bruttino, gradevole o bellissimo non ricordandomelo né avendolo visto per intero. Di certo non era un granché sia perché a prescindere non è facile tradurre in pellicola un romanzo di King (anche Kubrick rielaborò non di poco "Shining" e infatti il Re compare spesso e volentieri come soggettista, non come co-sceneggiatore cinematografico) sia per la spigolosità di alcune scene come quella nelle fogne.
Però la scena di Becky in bagno, con la bolla di sangue che esplode macchiando tutto, lei compresa, con il padre che guarda e non vede, è da applausi, intramontabile!

Fatto sta che "It" non mi ha fatto grande paura. Non realizzavo l'aura di terrore di una cittadina per un serial killer di bambini, semmai ho provato dolore per la morte del fratellino di Bill come ho provato tristezza per le vicende personali degli altri personaggi. Anche la paura di Stan adulto, tale da indurlo al suicidio, mi risultava incomprensibile. E la copertina del libro era dedicata a quello!!
Mi metteva malinconia il personaggio della Tartaruga e mi fece scervellare il fatto che fosse "più vecchia di It, che si proclamava eterno" come anche per i finti consigli ai perdenti adulti ("Solo una cosa posso dirti, che stanno stretti sotto i letti sette spettri stretti stretti... Quando ti trovi in un pasticcio cosmologico come questo, l'unica è gettare via il manuale delle istruzioni" - era scritto così? E in corsivo? anche qui, se sbaglio, correggetemi!).
Ma Pennywise no, non mi ha fatto paura, mai. Certo, vederlo digrignare i denti non era piacevole ma neanche mi ha creato shock, tremori o incubi! Tutto troppo palesemente finto, irreale, lontano. Il mostro dentro il tombino? No, non attacca, niente da fare. Nemmeno la cittadina di Derry esiste! E quelle due, forse tre volte che ho visto un clown dal vivo ho provato una discreta indifferenza e neanche lo collegavo a questa storia, perché mai? Figuriamoci provarne paura.

Quindi, visto che tanto la figura della snob è stata fatta, seppure involontariamente, ecco qui dieci cose che mi fanno molta più paura di "It". Ho anche una fobia, che però in quanto tale è fuori categoria :P

10) Avere pochi soldi. Se non ne ho, crocione sopra: non ne ho. Ma se ne ho pochi...e se me ne servissero di più per un imprevisto? Ecco, questo pensiero mi fa paura!

9) I topi perché possono rosicchiare cavi elettrici e portare malattie, sti fetenti! E stiano lontani dai bambini!!!

8) Certi insetti che si muovono nelle case di notte, mentre uno dorme, e crede che non ce ne siano! Anche se vedere continuamente scarafaggi di 4-5 cm quest'estate nei marciapiedi di Tenerife mi ha un po' curata!!!

7) Il pensile portapiatti, la piattaia insomma o come cavolo si chiama. Lavo le stoviglie tre volte al giorno da vent'anni e da oltre un lustro ho il timore che il mobile si divelga trombolandomi addosso! Brrr!

6) L'alta velocità in auto ma anche in autobus perché ho timore di incidenti, tamponamenti, drusciate al guard rail, frenate, animali che attraversano all'improvviso - e mi è accaduto...

5) Viaggiare in aereo perché è pur sempre un pezzo di ferro in aria e non si può certo andare dal pilota a dirgli di rallentare!

4) L'inquinamento, soprattutto da plastica. Immaginare il Pacifico con quell'enorme isola di rifiuti a pelo d'acqua mi fa rabbrividire. E lo stesso per la situazione della Campania descritta in "Gomorra"

3) Le bombe d'acqua come anche gli acquazzoni sulla mia città (a momenti li cronometro... e se superano l'ora sbianco), che è recidiva ad allagamenti e piccole alluvioni, ma soprattutto...

2) ...Lo straripamento del fiume della mia città. In passato è accaduto due volte e altrettante, negli ultimi quindici anni, a danno delle campagne circostanti. Roba che ci mancava Godzilla in verzicola ed eravamo a posto

1) La guerra nucleare - già, perché scrivere "una"? Direi che non occorra dire altro a riguardo.

Di che si parlava, della paura per i pagliacci? Penny chi? E cos'è, una roba che si mangia? Se fa ingrassare scusate ma io salto, sono a dieta!

sabato 14 ottobre 2017

Mi sono sposata! Ma ero in sogno...!

L'altra notte ho sognato che mi stavo sposando! Ma che begli scherzetti che fa l'inconscio :D :D :D

Non sono una fan dell'abito bianco o delle atmosfere festose però si, mi piacerebbe sposarmi col mio fidanzato! Anche solo due firme in Comune, io in tailleur, lui in completo, una marca da bollo e i parenti strettissimi. Stop. E più o meno così è stato il mio sogno!

Una stanza di un ufficio comunale con bel mobilio di legno, bei quadri alle pareti, sole debole da giornata nuvolosa che entra dalle finestre e, appunto, genitori e un paio di zie a noi più legate - compresa una che ahinoi ci ha lasciati due anni fa. Ma nel sogno mi rendo conto che la cerimonia è in stile nordico, come appunto il ceppo materno del mio sposo, che di sangue e non solo è mezzo scandinavo. Ma in cosa consisteva la parte finale della cerimonia, una volta uniti ufficialmente gli sposini? In una bevuta collettiva di un distillato bello tosto versato in una coppa, da cui attingevano prima i neo coniugati e poi gli altri in successione. Rammento bene la fine del primo "giro" e gli applausi delle parenti nordeuropee quando ho accettato di iniziare il secondo, dopo averci pensato un po'! Che risate!

                                        

Devo dire che è stato un matrimonio bellissimo, e chi non ne vorrebbe uno così??? Che malinconia però, al risveglio!

lunedì 2 ottobre 2017

Alex Zanardi sempre più grande all'Ironman - primo finisher italiano a Barcellona

Strepitoso, intramontabile, entusiasta, combattivo.... chi più ne ha più ne metta per definire il paratleta Alex Zanardi all'indomani della sua ultima impresa. 

                          

Il Grande ha infatti fatto sfracelli al recente Ironman di Barcellona - in un weekend per la città terribile per tutt'altri motivi - dove si è piazzato primo fra i 102 italiani in gara, al 41esimo posto (sabato notte ho riletto venti volte la graduatoria in aggiornamento e non credevo ai miei occhi) e soprattutto facendo registrare un tempo record per un atleta disabile, finendo il massacrante percorso di 3,9 km a nuoto, 180 in bicicletta e 42 a corsa in meno di nove ore!! Lui che a novembre compirà 51 anni, lui che fa tutto a forza di braccia, come evidenzia un filmato su Youtube - e neanche le ha tanto lunghe!

Per lui era il quarto Ironman del 2017 e a due settimane di distanza dal terzo; chissà se adesso si prenderà un po' di meritato riposo o se si rivedrà a giorni a Kona nelle Hawai al mondiale della specialità, come nel 2014 e nel 2015 - quando gareggiò anche l'attore Sean Austin, laureandosi finisher.

Una stranezza: nei vari siti web e testate giornalistiche online che ho visto nelle ultime 36 ore hanno si esaltato il record del nostro atleta ma non hanno sottolineato il fatto che si sia piazzato, come detto, 41esimo almeno fra i quasi 2000 uomini e primo fra gli italiani.

domenica 1 ottobre 2017

Flirtare in palestra, per me e la mia città è NO

Il link è questo:
http://www.today.it/donna/trend/palestra-flirt-classifica-citta.html

E così, dati alla mano, è ufficiale: la mia città di provenienza è nella top ten di quelle nelle cui palestre si flirta di meno, neanche fossimo tutti iper muscolosi e tonici :D

Battute a parte, in base alla mia esperienza posso confermare in piena serenità questo trend come anche il semplice chiacchierare fra persone di genere opposto, visto che nell'ultima palestra cui sono stata quattro mesi (e potrei dire altrettanto anche della penultima) ho potuto notare molta riservatezza e anche freddezza generale e, in sala pesi, la classica altezzosità della clientela maschile poiché tutta concentrata sui propri esercizi.
Niente di male in questo, anzi, io per prima pensavo solo ai fatti miei, essendo intanto fidanzata e poi ben intenzionata a usare i soldi dell'abbonamento solo e soltanto per il loro scopo: per salute e magari estetica.

Come era bello, a yoga, rotolare in libertà...meglio se non ci sono uomini, anche per loro!

Ecco le mie res gestae:

- ogni volta che superavo il tornello ed entravo in palestra, a meno che non dovessi salutare un insegnante o i proprietari, attraversavo il corridoio fino alle scale curva a testa bassa, possibilmente col cappuccio della felpa calato in testa

- ai tre corsi che ho frequentato, quando vedevo entrare un uomo  il mio primo pensiero era a priori "ma cosa cavolo ci viene a fare questo qui, a rompere?"

- mi ha sempre "dato noia" dalla prima all'ultima lezione il fatto che il nostro insegnante di aerobica - bravissimo, competente, funzionale - fosse appunto un uomo

- una volta stavo pedalando nella sala pesi e attrezzi a fianco della mia compagna di yoga e si sedette accanto a me un tipo "nerd" che assieme alla mia amica mi aiutò con garbo da orologiaio a far funzionare bene il programma della cyclette. Li ringraziai entrambi con voce contenta. Neanche un'ora dopo, docciata e cambiata, me ne sono andata passandogli davanti guardando dritto davanti a me. Ah, espressione inc@zzosa inclusa, ovviamente.

Ma perché tutto questo? Perché non ho più quindici anni e come detto sono fidanzata ma soprattutto l'esperienza insegna.
Chi ha letto i miei vecchi post del Pugliese non farà fatica a capire: da un primo saluto nasce un secondo saluto e poi una chiacchierata e forse forse forse lo scambio di numero di cellulare o email... ma se c'è anche una possibilità su un milione di ritrovarmi addossata una conoscenza maschile che da gentile e simpatica e magari intelligente e acculturata si rivela anche morbosa, pedante, indiscreta e pure ipocrita allora no grazie, preferisco perderne dieci buoni che ritrovarmene uno cattivo.


martedì 26 settembre 2017

Rotture annunciate - Cornelia lasciata e messa alla porta

A volte succede di gongolare malignamente per la rottura di una coppia, che se ne sappia poco o tanto, che si siano ascoltate fonti attendibili o dubitabili. Ma per casi come quello di Cornelia e Danilo, di cui ho scritto ben più di due anni fa, non c'è cattiveria nell'esultanza: è stato un bene, anzi un atto di giustizia.

Piccolo antefatto: la trentenne Cornelia, con gli studi universitari da ultimare, un curriculum deserto ed il classico carattere da femmina rompipalle si era appolpata + trasferita in Piemùnt a casa dell'inesperto Danilo, anche lui di origini meridionali e ben messo economicamente, più per voglia di sistemarsi e sentirsi una "signora" che per amore, stima o anche semplice affetto. Lo dico dopo averli osservati ed ascoltati più volte, litigate comprese, e dopo aver parlato a più riprese con entrambi.

Toccato ogni livello di umiliazione maschile - dai rospi ingoiati alle passeggiate notturne per smaltire la rabbia* fino ai pugni alle pareti per risparmiare lei - e dopo un paio di tentativi falliti, qualche settimana fa Danilo l'ha lasciata e fatta uscire per davvero da casa sua...in questa tragicomica vicenda si può tranquillamente sostenere che la convivenza avvalorava il fidanzamento!

Tutto finito dunque per lui: niente più litigi inutili alimentati dalle provocazioni e dalle offese di lei o bugie agli ormai ex suoceri, che credevano la figlia domiciliata nella sua città universitaria, niente più ordini e comandamenti assurdi in casa sua, niente più bassezze e meschinità come oggetti di valore sentimentale buttati segretamente o file di foto del passato cancellati di nascosto.

Danilo adesso è molto più sereno, è dimagrito, sta già uscendo cautamente con una collega e ha ripreso a frequentare gli amici ai quali lei andava di traverso.

Fanno sorridere però le ultime notiziole: la defenestrata Cornelia non ha riportato giù nella sua casa ionica la maggior parte delle sue cose, pur essendo risalita già due volte. E' evidente che si sta giocando l'ultima carta che le resta e le resterà fino a quando a Danilo non verrà anche il coraggio di lasciarle tutto fuori dal portone.

* http://normopesoadieta.blogspot.it/2014/11/invito-cena-con-litigio.html

lunedì 25 settembre 2017

Scherzare e sognare non fa male - con cosa permutare l'ultimo iPhone 8?

In questo mondo che va veloce, la Apple non poteva essere da meno ed infatti ha sfornato un nuovo modello di iPhone con telecamera orizzontale, retro fatto di vetro etc etc. A colpire almeno nell'anima è però il prezzo, piuttosto elevato: il modello da 32 GB viene 1099 euri, quello da 64 GB ben 1299 e quello da 128 GB addirittura 1399. Wow.

Ora, ognuno coi suoi verdoni ci fa quel che più ritiene giusto o allettante ma una persona come me - che ha pochi soldi, ancor meno pretese e velleità fashion e in più è abituata ad utilizzare gli oggetti finché non si sgretolano dall'usura - ben difficilmente acquisterà un cellulare del genere, tantomeno a prezzo pieno e a pochi giorni dalla sua uscita!

Però sarebbe divertente provare a commutare i 1399 euri del modello più capiente in altri oggetti, perché no? Ecco qui, calcolatrice alla mano, qualche alternativa interessante:

- 2 esemplari di gatto persiano

                                  

- 3 mesi di stipendio a contratto co.co.pro.

- 4 borse Michael Kors modello Selma

                                   

- 5 lavatrici Candy classe A+++ kg 0-8

- 7 cambi gomme per auto modello "utilitaria"

- 10 paia di scarpe da escursionismo Salomon modello Ellipse 2

- 11 flaconi di fondotinta Sisley da 30 ml

Praticamente....!

- 24 sfigmomanometri ad alta precisione Gima

- 30 felpe con cappuccio della Adidas

- 48 esemplari della pochette taglia media Gum - di cui mi sono invaghita
                                                 

- 82 biglietti di ingresso per il museo Guggenheim di Venezia

                                 

Con la suddetta somma, non dimentichiamo però anche una bella vacanza di una settimana per due persone a Tenerife!!!

                               

venerdì 22 settembre 2017

Conferme e cogli0ni

Fresca di serata la conferma che ci sono uomini, anzi, dei cogli0ni, che sono bravi solo a portare a casa lo stipendio e qualche volta a pagare i conti.

lunedì 18 settembre 2017

Checco Zalone era stato veggente - Ferrari parcheggiata nel posto per disabili

L'ho spesso detto e lo ripeto che il bello del cinema o di chi scrive storie (per il grande schermo, per spot, telenovele o Youtube) è che spesso anticipa la realtà - giacché non è pensabile che certi bipedi abbiamo la depravazione di guardare prima e poi imitare.

Notizia di oggi a pranzo: 

http://www.leggo.it/italia/milano/milano_ferrari_posto_disabili_18_settembre_2017-3246280.html

Vedere per credere: un tipo sfacciato quanto incivile parcheggia in centro a Milano un veicolo di lusso, Ferrari FF Coupé blu per l'esattezza, in un posto riservato ai disabili, rifiutandosi di lasciarlo persino di fronte alla richiesta di un padre con un figlio minorenne che di quel posteggio ha bisogno umano e fisiologico nonché diritto legittimo e legale.

Episodio terribile, piccola grande ingiustizia da giungla urbana del terzo millennio dove il più forte umilia e danneggia il prossimo e che mi ha richiamato alla mente una pubblicità progresso con l'attore Checco Zalone.
In questo spot lo stesso instaura una "mini guerra" con un bambino del suo palazzo costretto sulla sedia a rotelle, che si farà fare il parcheggio riservato proprio dove Checco metteva la sua fuoriserie: a quel punto Zalone lo minaccia dicendo che chiamerà una certa onlus per una donazione e se il piccolo dovesse guarire potrà finalmente vendicarsi.

                       

La scena è divertente ma anche imbarazzante perché Zalone, che è anche voce narrante del corto, espone sentimenti realistici - quelli che spesso si provano ma non si confessano insomma - di scarsa tolleranza nei confronti del piccolo disabile, reo a volte di essere ingombrante o lento o invasivo.
Ma questo, appunto, era uno spot, anche se il piccolo protagonista ha una malattia che realmente lo costringe sulla sedia a motore.

La realtà di stamattina, ahinoi, è andata oltre, anzi ha "doppiato" l'episodio dello spot. Se si esamina tutto l'articolo si viene a sapere, su citazione del Corriere della Sera, di tutto un retroscena che vede l'incivile, imprenditore lombardo con residenza a Lugano, già macchiato di altre nefandezze ed esemplare nell'aver trovato una serie di stratagemmi per poter fare quel che gli pare, come e quando.

Se però soldi, aziende, conti in banca nei paradisi fiscali, lasciapassare e soprattutto il libero arbitrio portano a fare simili bassezze, allora è meglio essere un po' più poveri e con meno raggio d'azione.

E neanche mi piace la Ferrari.... molto meglio la Lamborghini!

                                

domenica 17 settembre 2017

Abitudini smarrite e segnali corporei

Sto pensando a riprendere con la corsa, che "praticavo" a periodi nel mio domicilio piemùntese, talmente tanto che ieri pomeriggio al parco cittadino al solo vedere alcuni runner in azione ho percepito appena appena la sensazione del sangue al naso - come mi accadeva allora. Lo ammetto, non sono messa molto bene!!!

mercoledì 13 settembre 2017

Da guardare fino in fondo: "Demolition" - Grazie James Ford!

Ebbene si, ultimamente mi sto gustando tanti bei filmini a casa, tisana alla mano e pantaloni comodi, ma mi è anche preso il trip di commentarli, #vedovanzabiancaalè

L'ultimo film che mi sono appena divorata e non vedo l'ora di passare ai miei genitori è "Demolition - amare e vivere" dello stesso regista di "C.R.A.Z.Y." e "Dallas Buyers Club".
Ne ho scoperto l'esistenza consultando il blog whiterussiancinema.blogspot.it del mitico James Ford che con passione e diligenza l'aveva nominato in una graduatoria dei migliori film del 2016.  

Ho letto la recensione offerta da questo blogger cinefilo senza neanche troppa attenzione, ma abbastanza per capire che era un titolo da non perdere. E ne ho appena avuto la conferma: una storia particolare ma "coi piedi per terra", regia pulita e asciutta, niente effetti o esagerazioni, personaggi "veri" con rughe, rossori e imperfezioni - tranne la suocera magra allampanata e coi capelli perfetti....sto scherzando. La trama è godibilissima: è una personale, particolare elaborazione di un grave lutto familiare.


--- TRAMA DETTAGLIATA ---
Il protagonista Davis, un trentenne stile Wallstreet, perde la moglie nonché figlia del suo capo in un incidente d'auto e anziché mostrare sentimenti cosiddetti normali quali dolore, smarrimento, rabbia o anche solo pazza gioia si riscopre indifferente al limite del catatonico, continuando il suo tran tran di sveglia alle 5,30, cyclette, doccia (già mi ricordava il Patrick Bateman di "American Psycho", grrrrr), metro, ufficio e così via, anzi con ancora più concentrazione e scrupolosità del solito. Al funerale della consorte Davis si mette a scrivere una lettera di reclamo alla ditta proprietaria di un distributore di merendine da cui non era riuscito a prelevare degli cioccolatini all'ospedale dove avevano dichiarato clinicamente morta sua moglie. Ma la lettera diventa l'inizio di una biografia-confessionale incentrata sul suo matrimonio. Davis parla poco, ha un'espressività ridotta ma di cose e sensazioni dentro ne ha, eccome, e non ne vogliono più sapere di starsene represse. I freni inibitori a poco a poco saltano e Davis inizia a vivere e agire alla giornata, ignorando doveri e convenzioni e facendo cose sempre più strane, ma anche instaurando un colloquio non più epistolare con l'addetta al servizio clienti della società proprietaria del distributore automatico, che complice un viaggio del compagno e datore di lavoro - combinazione molto fortunata direi - lo fa entrare nella sua casa e nella sua vita, sempre ascoltandolo, parlandogli, standogli accanto. E lo stesso fa il precoce figlio adolescente di lei. Il tutto narrato, come detto, senza iperboli, senza accenti, senza meriti né colpe. La telecamera, con mia somma gioia e delizia, fa vedere come reagisce e agisce Davis ma senza incensarlo.

In questa strana terapia senza infatuazione sessuale (cartina di tornasole del suo effettivo disagio, nascosto ma presente) in cui muta anche aspetto e abbigliamento e regredisce a livello quasi fanciullesco, senza più bugie o inibizioni, Davis si rende conto di non essere stato innamorato di sua moglie e di non averla sposata per reale volontà ("Era facile") pur continuando ad avere flashback su lei e loro anche con frammenti di tenerezza, e che da troppo tempo non fa più niente che gli piace fare veramente. E va oltre: fra le "strane cose" che fa, dopo lo smontaggio compulsivo di oggetti ed elettrodomestici, l'aiuto ad un gruppo di operai demolitori a spaccare pareti e porte ed un cinico messaggio nella segreteria telefonica che allude alla sua vedovanza, Davis passa a distruggere materialmente casa sua proprio per "fare a pezzi il suo matrimonio". Con il quindicenne che assomiglia ad un dodicenne compra mazzuoli e altra strumentazione e fa del piano inferiore della sua abitazione luxury un cumulo di macerie e detriti. Ordina anche una ruspa per provare a buttare giù la casa, ma desiste. Poi sale al piano di sopra in camera da letto e, dopo aver trinciato ben bene il comò stile vintage pieno di ninnoli stucchevoli, scopre un'ecografia: sua moglie era rimasta incinta l'anno precedente, senza avergliene parlato. Qui ha una scossa: si sbarba per bene, si veste come si deve e con l'amica va all'evento con l'assegnazione di tre borse di studio in memoria di sua moglie. Davanti a tutti parla al suocero di questa gestazione evidentemente non portata a termine e di cui non sapeva nulla. I suoceri gli rivelano che lei aveva avuto una relazione extraconiugale e l'avevano accompagnata ad abortire, pur desiderando che non lo facesse.


--- ATTENZIONE, SPOILER!!! QUI FINALE!!! ---
Successivamente, dopo aver incontrato al cimitero l'uomo che li aveva investiti, che era andato là a scusarsi, in auto ritrova un bigliettino della moglie ed ha altri flashback su di lei: rivive il momento prima dell'incidente e rivede altri suoi sorrisi, carezze e abbracci, anche quando lui era assente o distratto. Davis finalmente piange, e non lo dico perché doveva farlo per lei, ma per se stesso: finalmente il cerchio dell'elaborazione del lutto si chiude con l'incontro con il suocero, chiarificatore e rassicurante, in cui ammette di aver avuto delle colpe verso la consorte. E in onore di lei, un ultimo estremo gesto di affetto o forse amore.

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Perché da guardare fino in fondo? Con tutti i film si fa così, è vero, ma questa storia appartiene a quelle in cui inizialmente ci si fa un'idea che poi viene in parte o completamente ribaltata, o in cui all'ultimo si aggiunge il tassello finale che fa vedere con più chiarezza l'insieme delle cose. E il titolo si spiega in un soffio: demolire per poi ricostruire e continuare.

giovedì 7 settembre 2017

Neorealismo apparente nell'amarezza di Dodes'ka den

L'avevo detto quest'inverno, che avrei guardato e recensito "Dodes'ka den".
Io che di Akira Kurosawa conosco poco o niente e persino indirettamente, mi sono fatta incuriosire da questa sua opera della maturità dai toni meno epici rispetto a quelle precedenti, giusto per citare a denti stretti le coordinate stilistiche offertemi da Wikipedia.
  
                                           

Questo film parla infatti delle misere condizioni di alcuni giapponesi in una specie di piccola baraccopoli a ridosso di una sconosciuta città, in un periodo indefinito ma più o meno a discreta distanza temporale dalla guerra, quel tanto che basta a motivare la loro povertà o anche miseria più come un destino che come un furto o un trauma dovuti appunto al secondo grande conflitto o, peggio, al dopo bomba atomica - tema quanto mai attuale in questi giorni... brividi doppi dunque, durante la visione.

"Dodes'ka den" mi ha inizialmente riportato alla mente "Ladri di biciclette" di De Sica, soprattutto nella prima parte, per l'amarezza generale, per la scenografia, per le facce incupite dei protagonisti, ma le differenze abbondano. Intanto questo è un film corale, con varie vicende che si inframezzano, anche se alcune hanno un po' più spazio di altre. Soprattutto, per quel che ci ho capito io, non c'è il vero ingrediente De Sica cioè la cappa di pessimismo cosmico, di ineluttabilità, di condanna un po' verghiana ad essere gli ultimi: qui le varie famiglie vivono ognuna nella propria catapecchia accontentandosi di quanto hanno o riescono a procurarsi, ma senza aspirare ad altro. Solo l'uomo pazzo (con la voce del doppiatore di Michael Douglas!!) che dorme in una carcassa di auto col figlioletto parla continuamente dell'utopico progetto della loro nuova casa, con un'accuratezza di dettagli e osservazioni pari solo alla sua assurdità, cui il bambino risponde rassegnato e malinconico con continui "Si, hai ragione", ma alla resa dei fatti non muove un dito.

                                       

                                        

                                      

                                       

                                     

                                     

La colonna sonora è meno incisiva che per l'opera del grande italiano e inoltre pesano le contrapposizioni foniche: c'è chi parla più o meno a raffica e chi si barrica dietro un mutismo quasi totale. La tragedia, come anche lo stupro, è ovattata da un'aura onirica semiperenne. Non mancano parentesi comiche come le due coppie esuberanti, ma anche filosofiche come l'uomo che prima si vuol suicidare e poi cambia idea non appena lo fanno riflettere a dovere. C'è spazio anche per una piccola grande giustizia con l'allontanamento volontario di un malvagio. Il finale riprende e chiude la vicenda dell'inizio, come a suggerire una ciclicità alla fine rassicurante e digeribile, in cui si può convivere con tutto.

Il cinema orientale, giapponese come cinese o coreano, mi incuriosisce e finora non mi ha mai delusa: non posso che raccomandare questa pellicola.