giovedì 31 ottobre 2013

Federico e River sempre nei nostri cuori

 Di solito non parlo molto delle persone morte. Dalla mia posizione di privilegiata che non ha mai avuto defunti in famiglia, penso che bisogna amare e rispettare i propri simili da vivi e saltuariamente predico il detto "chi muore giace, chi vive si da pace", intendendo che alla fine il peggio è per chi continua a vivere con un lutto, che poi deve superare.
Oggi però ricordo con affetto e ammirazione due personaggi dell'universo cinema scomparsi entrambi il 31 ottobre 1993, ovvero venti anni fa, già compianti allora nonostante la mia giovanissima età: il regista italiano Federico Fellini e l'attore americano River Phoenix.

Diversi, diversissimi. L'uno anziano, riminese, sposato da mezzo secolo con la sua amata e attrice prediletta, autore di film che hanno fatto la storia della pellicola italiana e poi mondiale, osservato dalla critica ma non sempre capito e tributato, insignito di numerosi premi tra cui 5 Oscar, compreso l'ultimo alla carriera, qualche mese prima di spegnersi. L'altro giovanissimo appena 23enne, statunitense, figlio di figli dei fiori, animalista attivo, talentuoso, bello come un modello di Calvin Klein ma intenso tanto da richiamare paragoni con il celebre James Dean, tra le migliori promesse del cinema di vent'anni fa, con pochi buoni film anche d'autore, una Coppa Volpi e una nomination agli Oscar.

A Federico è sopravvissuta, ma solo per pochi mesi, la moglie Giulietta Masina, spentasi la primavera successiva: non avevano figli, o meglio l'unico che ebbero, negli anni '40, morì dopo pochi giorni.
A River è sopravvissuta la famiglia d'origine, ovvero genitori e 4 fratelli, tra cui il noto Joaquin, anche lui attore, che avrebbe per qualche tempo abbandonato il cinema disgustato da come i media avevano parlato della morte del suo fratello, prima di ripartire con ruoli particolari, in cui ogni volta sembrava lasciarci un pezzo di cuore.

Federico e River, che probabilmente non si sono mai conosciuti e difficilmente avrebbero potuto lavorare insieme (ma, visto il caso di Woody Allen e Riccardo Scamarcio, chi lo sa?) , lasciano orfani anche noi ammiratori, che abbiamo pianto, palpitato, riso e riflettuto con le storie da loro proposte e interpretate. Venti anni sono tanti, eppure dubito che li dimenticherò mai, e non c'entra niente la vicinanza con la festività dei morti, né me li hanno mai fatti adombrare i festeggiamenti di Halloween. Né mi aspetto qualche erede o epigone: erano "troppo" unici e irripetibili perché la sorte riesca a donarci ancora qualcuno che ci faccia sentire un po' meno la loro mancanza.

giovedì 24 ottobre 2013

Dopo Saviano, mi ha fregata anche la Mazzantini

Non so se l'ho già scritto da qualche parte, ma mi piace leggere. Non sono una di quelle che ha grandi intuizioni sulle trame, per niente, e in un paio di casi sono rimasta fregata dal finale, in cui è accaduto ciò che meno avrei voluto leggere.

Sarà stato il 2009 o il 2010. Il film "Gomorra" era stato escluso dalla cinquina finale per gli Oscar, però impazzava nelle sale italiane e dappertutto si parlava del caso che aveva sollevato. Decisi di leggere l'omonimo libro - che preferisco prima di vedere il film da esso derivato -  soprattutto perché incuriosita dal personaggio di Ciro Petrone, si, da quello scugnizzo magro allampanato che si diverte come un pupino a sparare in una campagna desolatissima, con quelle mutande fintamente griffate da coatto. E mentre mi leggevo l'ambito volume, che iniziava parlando di cadaveri di cinesi congelati nel porto di Napoli, di vestiti artigianali, di laboratori, di droga e omicidi a profusione, di kalashnikov, in cuor mio mi sentivo sollevata perché ancora il libro non faceva parola dei rifiuti in Campania. E invece no. Arrivata all'ultimo capitolo, che non potevo non leggere, ecco tutto uno srotolarsi di sotterfugi e retroscena nella gestione dei rifiuti sia normali che tossici, con tanto di mazzette a bambini inconsapevoli affinché portassero la merce nel deposito dalle esalazioni cancerogene. Ecco, fregata. Avrei pagato per non leggere dei rifiuti, invece eccoli lì spiegati ai miei occhi, in tutta la loro tragica verità, in tutta la loro incredibile realtà.

Passano gli anni. Settembre 2013, ho appena finito la "Storia della filosofia greca - i presocratici" di Luciano De Crescenzo e, come ipnotizzata, prendo "Venuto al mondo" di Margaret Mazzantini. Ovviamente, non ho visto l'omonimo film, ma finalmente posso leggere la seconda opera famosa della scrittrice, moglie di Sergio Castellitto, che mia cugina si era divorata in quattro giorni. E inizio: una grande storia d'amore, lo sfondo della Sarajevo degli anni '80, il dramma della sterilità della protagonista, il ritorno a Sarajevo, la decisione di affittare un utero e il contemporaneo inizio del drammatico assedio che per quasi quattro anni avrebbe distrutto la città e oltre undici migliaia di vite. La descrizione dell'assedio è straordinaria, considerato che avviene mentre i personaggi ne sono dentro, avvinghiati ad un destino non loro ma in qualche modo collegato alle loro vite. E mentre leggevo, completamente rapita dai personaggi e dalle loro vicende, mi dicevo: "Mah, strano che non si parli nemmeno di uno stupro, con tutte le donne che ci sono in questo libro e considerato che ce ne furono moltissimi in nome dell'odio etnico...strano...". Ecco, detto e fatto.

ATTENZIONE: SPOILER!

Nei capitoli finali, c'è il colpo di scena che ribalta completamente l'ottica della protagonista Gemma (e dei lettori più ghiozzi) sugli accadimenti posteriori alla notte del concepimento di Pietro, che Diego aveva negato esserci stato, anche se di fatto la "cicogna" Aska rimase incinta. E' la stessa Aska, sedici anni dopo, a spiegare tutto a Gemma. Quella notte, in cui iniziarono gli eccidi, dopo una breve parentesi di giochi e tenerezze con Diego, mentre questi era a prendere delle frittelle, la giovane punk venne sequestrata e ripetutamente stuprata da un gruppo di cetnici e al mattino portata in un campo di prigionia assieme ad altre ragazze e donne. Le violenze continuarono da parte di uomini in divisa, in maniera a dir poco brutale. Il bambino ahinoi era di uno di loro, di "uno dei diavoli". E Diego, che aveva assistito, non visto, allo stupro iniziale di Aska senza fare niente, subirà uno shock fortissimo, che spoglierà la sua vita di ogni senso se non quello di rimediare in ogni modo possibile al dolore che ha provocato a quella ragazza bosniaca. Ecco quindi spiegati la sua apatia, il suo pensiero continuamente rivolto a lei, il suo ritorno-fuga a Sarajevo, le premure verso la ragazza, la richiesta sorda di soldi e viveri dall'Italia per lei, il disinteresse verso il bambino, il mancato ritorno a Roma.

Aska, la musicista punk bella e figa, artista e intelligente, incazzata e indipendente, era passata da intellettuale furba a sfascia famiglie, con un giovane uomo che le andava dietro come un cagnolino perché più giovane, affascinante e stimolante della moglie matura, stressata e incupita da una mancata maternità. E invece no. La Mazzantini me l'ha fatta stare in antipatia per mezzo libro e poi  - paf! - me l'ha fatta compiangere appioppando la pena peggiore, per lei come personaggio e per me come lettrice. E Diego, il fotografo dalla vita priva di preoccupazioni materiali, beato lui, lo fa ricadere nella sua dipendenza dalle droghe fino a farcelo morire. Non avrei voluto leggere quello che ho letto. Aska è un personaggio di un libro, eppure esiste veramente, con tutti i suoi traumi, dolori, incubi e lotte interiori. Il significato più vero dell'essere vittima di uno stupro, totalmente all'antitesi con certi obbrobbri di cronaca di cui si sente parlare ultimamente.

martedì 22 ottobre 2013

Grazie Gegge!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ritorno a scrivere perché finalmente ho fatto un po' di ordine nella mia vita e poi, scusate, chi non potrebbe riprendere a postare dopo il premio che mi ha assegnato il mitico Gegge? E anzi approfitto per ringraziarlo due volte, per il premio e per la pubblicità al mio sito, che mi ha portato una trentina di visite nelle ultime 24 ore!

Il premio è un campione di ironia, e quindi ancor più gradito: il Little Brown Thing Award!



E mi accingo subito a rispondere alle suddette domande :D :D :D

1)Ti capita mai di controllare quello che hai emesso?
2)Consumi tanta carta?

3)Il tuo tempo medio , da seduto ad alzato?
4)Quando sei costretto a farla in qualche locale pubblico, usi qualche tecnica particolare?
5)L'hai mai fatta Viola?
6)Se un giorno un coprografo te lo proponesse , gli venderesti il tuo prodotto?
7) Ed a quanto all'etto?
8)Ti è mai capitato che per il Principio di Archimede un corpo immerso in un liquido ti facesse bagnare le chiappe?
9)C'è qualche alimento che appeno lo mangi sbatabam?
10)Resti ancora stupito quando ci trovi del mais, pur sapendo di aver mangiato mais la sera prima?

1) Quando le energie spese per l'emissione sono tante, a volte si.
2) Se sono a casa, solo un po' per poi passare ad acqua e sapone!
3) Mah, io leggo sul trono, quindi il tempo mi vola!
4) Mah, do una pulita se occorre, per il resto improvviso!
5) No, ma giuro non c'entra la fede calcistica!
6) Si, ma mi tutelerei legalmente con un contratto che mi dispensa da ritorsioni di ogni tipo!
7) Bah, direi che 5 euri ogni 100 grammi siano equi!
8) Si, eccome. Sigh.
9) No, non credo! Lo sbatabam dipende dagli arretrati più che dall'ultimo arrivato!
10) Eh, mais non ne mangio, però le buccette dei pomidori mi hanno stupita a sufficienza!

E ora che ho ritirato il mio premio e risposto alle domande, mi auguro di portare con onore il suddetto riconoscimento! Qual è il mio sogno, ora che sono Reginetta delle Piccole Cose Marroni? La pace nel mondo, ovvio, ma anche nel wc!