mercoledì 13 agosto 2014

Parlo di fantasmi...ed ecco una vittima illustre - Robin Williams ha detto basta

Ieri mattina ho saputo della tragica scomparsa dell'attore americano Robin Williams. Asfissia, poi rivelatasi autoindotta. Ci ho messo dieci secondi buoni prima di mettere a fuoco che non si trattava del cantante inglese Robbie, ma di uno dei volti più conosciuti del cinema degli anni '80 e '90. Un talento della risata straordinario anche in ruoli drammatici o cruenti, un doppiatore mago delle imitazioni, una di quelle persone che soltanto con la voce sanno fare magie (da bambino giocava con i soldatini facendoli parlare ognuno con una voce diversa) ma che sanno anche muoversi benissimo nel proprio corpo, tra l'altro di una stazza perfetta per strappare più di un sorriso...chi ricorda in "Mrs Doubtfire" la sua battuta al ristorante "a me piacciono piccoli, buffi e pelosi..."? Non sembra il suo autoritratto?

La mia prima reazione a caldo è stata quella di maledirlo perché aveva o aveva avuto tutto o comunque tanto dalla vita, no? Se penso a quante persone di talento o perlomeno preparate e volenterose, che siano attori o ingegneri o fiorai, non riescono nemmeno a fare il mestiere dei loro sogni o dei loro studi perché magari hanno incontrato le persone sbagliate al momento giusto o viceversa, allora si, affermo che RW è stato fortunato nella vita e si, ha avuto tanto: ha fatto il lavoro che amava ovvero recitare, far ridere, doppiare, fare lo speaker, ha avuto tanti contratti, amici, ammiratori, oltre a tre mogli e quattro figli. Però ahilui non aveva tutto, no, o perlomeno non aveva una cosa importantissima, che spesso compensa tante lacune: la salute mentale. I telegiornali, ieri sbizzarritisi in servizi ad alto tasso lacrimogeno, specie quelli Mediaset, hanno accennato al suo disturbo bipolare, che in soldoni, detto da semignorante quale sono, è un grave problema per cui una persona vive emotivamente in una montagna russa cronica: grandi up e grandi down. Risultato, sempre in soldoni: momenti geniali di lucidità e buonumore e altri di buio, depressione, sconforto. In più, non so quanto collegato a quanto detto or ora, RW era da oltre trent'anni consumatore di alcol e sostanze stupefacenti, ben prima delle crisi post Oscar. E mi ha fatto piacere che i tg l'abbiano detto, collegando tutto all'amicizia con John Belushi e al periodo degli sketch comici alla radio e del telefilm Mork e Mindy, che ha fatto conoscere il simpatico attore al pubblico di mezzo mondo. E in uno dei 5 docufilm dedicati a Belushi, ne ricordo uno, che ho visto a frammenti, in cui si vedeva chiaramente il legame tra lui e RW, la morte tragica dell'uno e il dolore e la paura dell'altro, così scioccato da decidere di ripulirsi dagli abusi per non fare la stessa fine.

RW si è quindi disintossicato, ha continuato a lavorare e a fare film sempre più sorprendenti per simpatia, intensità e versatilità, ha avuto varie candidature all'Oscar, ha vinto sempre più premi, ha commosso mezzo mondo quando si offrì di pagare un anno di spese mediche all'amico Chistopher Reeve, ma ha anche continuato ad avere problemi di salute mentale e ricadute nella tossicodipendenza e nell'alcolismo, soprattutto negli ultimi anni, oltre ai problemi legati alle separazioni e al lento, inesorabile declino della sua pur ottima carriera. Sua la celebre frase sulla cocaina ("è il modo che Dio usa per dirti che stai guadagnando troppo") oltre quella, meno nota, sul prozac (più o meno suonava così: "adesso il mio antidepressivo è giocare coi miei figli") - due coraggiosi outing a mio giudizio.
Ieri sera il TG5 ha riparlato di lui dicendo che era un uomo che faceva ridere tutti (pur con una comicità non sempre facile da capire per noi europei) ma che non riusciva a ridere per se stesso, ad essere felice, a farsi felice. Ognuno interpreti a suo modo questa frase così drammaticamente vera.

RW non è mai stato tra i miei attori preferiti, ma rivedere spezzoni delle sue più famose interpretazioni mi ha fatto lacrimare più volte. E mi perdonino i fan di "L'attimo fuggente" o di "Will Hunting - genio ribelle", ma non fa che venirmi in mente il film da cui sono state tratte queste scene:







e, come non potrebbe esserlo, questa:



lunedì 11 agosto 2014

Cosa fare quando i fantasmi si fanno più insistenti?

Per fantasmi intendo stati acuti d'ansia. Ne ho avuti pochi in vita mia, di cui uno/forse due davvero buoni (probabilmente sfiorando l'attacco di panico), e tutto sommato me la cavo con il tenerli a bada. Ma negli ultimi giorni stanno timidamente rifacendo capolino nella mia testaccia, olè, e anche la paura che aumentino di numero e intensità.


Quasi sempre mi capita, in questi "stati", di visualizzare un paesaggio più o meno così, simile alla steppa russa, ma di colore blu

Cosa fare quando insorgono, quando escono dal loro coma e cominciano a farsi sentire, prima un accenno e poi un pochino di più, un pochino di più, e ancora e più spesso? Si lascia che ci scuotano di tremori, malessere, lacrimucce e stand by cerebrale o li si sotterra da qualche parte nel cervello distraendosi con un qualsiasi mezzo - anche cercare una cosa stupida su Internet*? Ci si confida dolorosamente con persone fidate, ubriacandole di negatività, oppure si fa finta di niente tipo un bel vestitino, trucco carino e tanti sorrisi? Lo si scrive su diari e blog (questo lo chiamerei un lieve accenno, una mezza confidenza), disseppellendo annessi e connessi, oppure niente, si mette tutto a tacere, gli si fa scudo, si insabbiano?

Menomale che queste ultime recenti ondate sono piccole, con rispetto parlando, e mi sembra di stare già molto meglio.


Questo gatto (il cui sguardo ricorda vagamente quello del mio) non si trova in Italia ma, appunto, nella steppa russa

*http://it.wikipedia.org/wiki/Volpone  risale all'estate scorsa: un effetto placebo tanto rapido da meritare una medaglia olimpica.