Ma le risate più fragorose, mia mami ed io, ce le siamo fatte anche di recente ripetendo una frase che Goldie pronuncia in "Una bionda per i Wildcats". Lei è Molly, che vuol allenare una squadra di football e si troverà a dover addomesticare prima e poi allenare fino ad una bella vittoria la squadra collegiale dei Wildcats - con dei giovanissimi Woody Harrelson e Wesley Snipes, mi pare al loro esordio. Molly fa inizialmente fatica a farsi ascoltare dai baldi giovanotti tutti orgoglio e testosterone e allora li sfida a vedere chi resiste di più correndo al campino degli allenamenti; ad uno ad uno li fa fuori tutti e all'ultimo ragazzo, ormai collassante, sibila con piglio da maestrina: "Te l'ho mai detto che ho vinto la maratona di Boston?... Due volte!".
Non per le suffragette della maratona femminile fra fine anni '60 e primi '70, non per il colpaccio del faticatore Gelindo Bordin a due anni dall'oro olimpico, io sapevo dell'esistenza della maratona di Boston grazie ad un film pressoché sconosciuto con Goldie Hawn!
Ma sono stata fra coloro che cinque anni fa hanno lagrimato per l'assurda rabbia omicida dei terroristi che infangarono l'annata del 2013 con morti e tanti tanti feriti.
"Ho vinto la maratona di Boston" insomma è per me un inno all'effetto sorpresa, ovvero quando un outsider da sempre sottovalutato trova finalmente spazio e tempo per far vedere che ha carattere, talento e bravura. Effetto sorpresa che si è incarnato nell'edizione 2018 della 42 km bostoniana col successo del giapponese Yuki Kawauchi, lo statale volante che ho imparato a conoscere dalla pagina facebook "La gang degli atleti disagiati", e che sembra proporsi a me, che ho ripreso a correre la settimana scorsa dopo chissà quanto, come una spintarella mentale, un messaggio subliminale: dare qualcosa in più, anche per soli 5 km, senza accontentarsi della sgambatina indolore e non aver paura a soffrire e alzare l'asticella dei miei limiti.
Può essere che Kawauchi sia la classica rondine che non fa primavera, ma che emozione il suo pianto.....
RispondiEliminaE' vero, è davvero emozionante... e per un nanosecondo ti fa credere di poter fare qualcosa di vagamente simile a quello che fa lui!
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