Arrivata al capitolo della penosa scena al Dorsia con Jean, stavo quasi per sedere al pc e dedicare un post prima al protagonista Patrick Bateman e poi, in un secondo momento, al romanzo "American Psycho". Ma sono andata avanti e avanti e avanti e avanti, perché questo libro ha avuto fra i suoi meriti quello di inchiodare la mia attenzione. Non sono più veloce come a vent'anni a divorare libri, mi stanco prima anche solo a manipolare un volume (a riprova del fatto che gli ultimi due titoli che mi sono concessa erano in pdf su ipad - rigorosamente mini) ma soltanto per la prima sera, in cui l'ho avviata, questa opera di Bret Easton Ellis mi ha trattenuta per ben novanta pagine: quello che si dice un buon inizio.
Dicevo, sono andata avanti e avanti a avanti... E ho iniziato e attraversato i capitoli dove Patrick Bateman strazia prima una sua disgraziata ex e poi le escort Elizabeth e Christie - i cui timori e presagi mi hanno particolarmente amareggiata quasi come il seguito. Talmente terribili da farmi balenare l'idea di smettere la lettura, neanche mi divertissi a leggere quei terribili capitoli prima di sesso a tre e poi super violenza, torture e mutilazioni. A quel punto non aveva più senso dedicare un paragrafo al fatto che ritenessi Patrick Bateman uno sfigato complessato prima ancora che un omicida - c'erano stati accenni di questa sua mortifera attività, ovvio, sapevo di star leggendo la storia di un serial killer. Avrei tracciato la tesi appunto dello sfigato complessato che si attacca maniacalmente ai vestiti firmati e agli oggetti di lusso, che ha una ragazza mezza frigida e deve ricorrere alle ragazze altrui o alla masturbazione, noleggia continuamente materiale pornografico, anche lo stesso, si cosparge di creme e unguenti e di trattamenti di bellezza pur essendo bello di natura oltre che appena ventisettenne, evita il sodio neanche fosse una donna mediterranea che combatte le culotte di cheval, viene spesso scambiato per altri colleghi del suo ambiente, si fa di cocaina spesso mal tagliata e comprata da brutti ceffi, ha un pessimo rapporto pure succube col fratello minore, non si dà pace perché non riesce a prenotare un tavolo al "mitico" ristorante Dorsia venendo pure perculato dall'addetto al telefono - tanto che quella sera con Jean, la sua segretaria, fa una figura che definirla di guano è dir poco.
Eh no. Sarebbe stato riduttivo definire Patrick Bateman uno sfigato complessato che ogni tanto ammazza qualcuno. È ben di più: un individuo fortemente disturbato, un pazzo furioso da un lato amante maniacale dell'ordine, della pulizia, del bianco immacolato di pareti e mobili, della bellezza fisica e dell'extra lusso e dall'altra un soggetto attirato dal sangue e dalle interiora e pure necrofago, oltre che perverso e terribilmente crudele: ama colpire, torturare, vivisezionare come un action painter della prima generazione (la più genuina e artista) oltre che vedere l'orrore negli occhi delle sue vittime, che siano umane o animali.
Riguardo il libro, che comunque ribadisco che è buono, una di quelle letture che "si può fare" o meglio "si può portare a termine" a meno che si abbia lo stomaco delicato, dico che è una filosofica riflessione sulla cattiveria umana, sul fatto che il male esiste e non è scontato che debba essere contrastato e spianato. Patrick Bateman è come è, senza grandi spiegazioni anche se il libro fa trapelare (quasi tutto nel capitolo della povera ex) che ha avuto un'educazione rigida improntata anche su una facciata esterna intrisa di buonismo, ipocrisie et similia, forse suo padre era un po' balordo pure lui, considerato che sua madre sta in una clinica psichiatrica e lo stesso Patrick va al lavoro nella ditta paterna ma facendo poco o niente tipo statale anni '80. Ma Patrick Bateman neanche ha modo né voglia né stimolo di redimersi, anzi la fa sempre franca: accenna ai compagni di uscite o alle sue donne le sue manie omicide e violente e nessuno lo ascolta sul serio o gli crede - spesso sono tutti strafatti e alcuni, ripeto, lo scambiano per altri - come non gli crede anche il suo avvocato, anche se sembrerebbe che l'omicidio di Paul Allen non sia mai avvenuto; persino l'inseguimento della polizia finisce a suo favore oltre che con altri 4-5 omicidi. Che dire quindi? Che esiste una fetta di società ricca, superficiale, sorda, vacua, drogata di soldi, sesso, lussi e sangue, assuefatta ai barboni come al non-amore e non ultima alla violenza. Patrick Bateman è un omicida pazzo e cinico ma è solo un tassello di questa società e per di più è in ottima compagnia: niente vieta al lettore di ipotizzare che altri personaggi del romanzo, suoi fac simile diversi solo per genitori e ditta per cui lavorano, siano psicopatici violenti come lui, viste le cronache dei giornali che abbondano di episodi di nera.
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